martedì 1 luglio 2008

Il lato nascosto della rivoluzione mobile

Le pubblicità dei dispositivi mobili (telefonini, palmari, lettori multimediali, navigatori, fotocamere, videocamere,…), che portiamo sempre più spesso con noi e che accumuliamo in crescenti numeri, si assomigliano spesso. Utenti dal look “cool” si muovono con leggerezza e velocità fra situazioni di affari e di svago sullo scenario di grandi capitali mondiali. I dispositivi mobili pubblicizzati sono piccoli, spesso non si vedono nemmeno all’inizio della scena, e scattano fuori all’improvviso nelle mani dell’utente, mettendolo istantaneamente in contatto con mappe, collezioni musicali o persone amate lontane migliaia di km oppure permettendogli di immortalare ciò che sta vivendo e magari condividerlo (sempre istantaneamente) su Web. In sintesi, ciò che mostrano è il bello della cosiddetta “rivoluzione mobile”, che ha portato grosse capacità di conservazione, elaborazione e trasmissione dati letteralmente dentro le nostre tasche.
C’è però un convitato di pietra in questi spot, un lato della rivoluzione mobile che ci si guarda bene dal mostrare. Con la (grande) scatola di ogni piccolo dispositivo mobile che acquistiamo, non arriva solo il bell’oggetto visto nello spot, ma ci viene consegnato anche un brutto (e grosso) alimentatore (in alcuni casi, 2 alimentatori diversi: uno per la casa ed uno per l’auto) e vari cavi (in una scatola recente, mi sono trovato: cavetto USB, cavetto Firewire 400, cavetto Firewire 800, alimentatore con 3 adattatori rispettivamente per Italia, UK ed USA).
continua >>> l'articolo di Luca Chittaro pubblicato su Nova100 Il Sole 24 Ore
cheyenne

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