domenica 13 gennaio 2008

Così i led tradiscono i nostri dati

Grazie alle modulazioni luminose, utilizzando tecniche di spionaggio note come Optical Tempest è possibile intercettare i dati in transito su un computer anche a distanze ragguardevoli

In un precedente articolo ci siamo concentrati sulla tecnologia Tempest elettromagnetica. In questo caso approfondiremo l’intercettazione ottica, ovvero quelle definita in gergo come Optical Tempest. Con questo termine ci si riferisce all’intercettazione, tramite apparecchiature spesso molto semplici, delle modulazioni della luce legata alle spie degli hard disk, dei modem, dei router e di tutto quanto modula dati tramite led presenti sui sistemi informatici. Si tratta, è bene ricordarlo, di metodologie utilizzate fino a poco tempo fa soltanto da Agenzie di stato o da strutture militari per recuperare informazioni altrimenti non accessibili. Infatti di Optical Tempest fino a pochi anni fa non se n’era mai sentito parlare, in quanto ritenuta una tecnologia riservata e pericolosa da divulgare.
Talvolta, quando si parla dei coefficienti di sicurezza di questi sistemi, li si confronta con le normali tecniche utilizzate dagli hacker per accedere a dati e si tende a fare il confronto con la purezza dell’informazione e con il tempo necessario al suo trattamento. In altre parole, se un hacker riesce ad accedere a un sistema e a prelevare dei file questi in genere non necessitano di elaborazioni finalizzate a renderle migliori qualitativamente. In questo caso, invece, parliamo di tecnologie che vengono utilizzate quando non esistono collegamenti di rete, quando i sistemi non sono accessibili in altro modo ovvero quando non esiste alcun altro mezzo per carpire le informazioni trattate dai sistemi stessi.
Evidentemente il lavoro da svolgere incontra maggiori difficoltà, ma per contro dispone di tecnologie che agli altri sono vietate e con le quali si cerca il modo adatto per entrare in possesso delle informazioni (Tempest, Optical Tempest e altri), i metodi per ripulirle dai disturbi e quelli per ricostruire parti mancanti. Questo significa che esistono diverse diverse fasi da considerare in un operazione d’intercettazione, delle quali le ultime – purificazione e ricostruzione - due sono le più lunghe e complesse.
Ma torniamo all’intercettazione ottica delle informazioni. Esistono due metodologie legate ai led e alle variazioni di luminosità dei monitor. La seconda sembra fantascientifica, ma bisogna tener presente che i pixel sul monitor vengono accesi e spenti come se fossero lampadine, seguendo degli orologi di sistema che regolano la scansione orizzontale e verticale. Un sistema elettronico è in grado di percepire queste microvariazioni di luce e utilizzarle per ricostruire le immagini create sul monitor. Mentre nel caso dei led per il trasferimento seriale dei dati le informazioni sono di fatto una successiva all’altra, nel caso dei monitor i tempi legati alla sincronizzazione verticale e orizzontale del cannone elettronico devono essere utilizzati per ricreare i vari pixel disposti su diverse righe e colonne.
Markus Khun ha studiato a fondo questa tecnologia all’Università di Cambridge e ha rilasciato un documento intitolato
Optical Time-Domain Eavesdropping Risks of CRT Displays. Molte periferiche usate dai computer dispongono di led che in genere lampeggiano modulati dai dati che il dispositivo stesso sta trattando. Il grafico che segue mostra nella parte bassa la modulazione dei dati tramite i led, mentre la sezione superiore rappresenta l’intercettazione eseguita da 5 metri di distanza. Ma quante periferiche presentano questa caratteristica? Gli esperimenti eseguiti su un gran numero di device ha mostrato che un buon 36% di questi permette di ricostruire i dati trattati semplicemente intercettando la modulazione dei led.
continua >>> l'articolo di Flavio Bernardotti pubblicato su Apogeonline
cheyenne

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